Venerdì sera, poco dopo le dieci. I nuovi vicini fanno ancora festa, grida e risa, musica impossibile, rumore di bicchieri ghiaccio e bottiglie. Ho ancora da fare, cosa non lo ricordo più, la testa non risponde, gli occhi bruciano. Per svagarmi metto su il tè, lavo i piatti, ascolto la tv.
“Fa’ che io possa desiderare più di quanto riesca a realizzare”. Da quel desiderio nascono l’arte e la vita. Dalla sua assenza, dolore e malinconia.
Invece non ho ancora ben capito da dove venga l’amore, forse dal bisogno di scordare cosa siamo, forse - più semplicemente - da una voce, un profumo, due occhi, un sorriso. Tutto quello che ne pensiamo e ne diciamo poi è solo un pretesto, un ornamento, una scusa, solo per giustificare l’importanza universale data ad un evento assai comune.
Capita ogni giorno, a milioni di persone, ovunque. Perfino a me, ogni tanto, e ogni volta ha segnato un “dopo” e un “prima”. Il “dopo” attuale insiste, perdura, e non mi dispiacerebbe affatto fosse definitivo, tutt’altro. Non serve l’amore per essere vivi, basta desiderare ogni giorno l’impossibile.