Il cielo sopra Bangkok è un cielo senza stelle. Troppe luci sempre accese, anche oggi che la città è deserta, anche qui a Sai Mai, estrema periferia Nord, dove i grattacieli diventano case a due piani, e le sopraelevate a quattro corsie sorvolano stradine di campagna che terminano in una risaia.
Questa oscurità del cielo notturno infligge un colpo mortale al romanticismo, che deve accontentarsi tutt’al più della luna, ma si addice alla nostra conoscenza del cosmo. L’Universo è tenuto assieme da un’entità, la materia oscura, che non abbiamo idea di come rilevare, misurare, ma che evidentemente deve esistere, perché altrimenti la gravità per come la comprendiamo non avrebbe senso.
E l’Universo si espande, lo spazio e il tempo fra le galassie si allargano, mossi da un’energia non meno oscura della materia che li giustifica. E oscuri sono pure i buchi neri, per paradosso tanto più oscuri quanto più le stelle che li hanno generati sono state luminose.
La materia condensa, la luce congela, il tempo si ferma. L’Universo è oscuro, oscura ne è la nostra conoscenza, la luce che ci incanta è partita milioni di anni fa da stelle che oggi forse non esistono più o sono troppo lontane per poterle vedere.
Tranne la luce di stanotte, le stelle cadenti, cioè il Sole riflesso dalla polvere di una cometa che tornerà fra cent’anni.